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Delle associazioni di promozione sociale in questa pandemia quasi non si parla, per non dire che non se ne parla per nulla. Eppure le ripercussioni le abbiamo avute anche noi e non parlo esclusivamente, benché rilevante, aspetto economico ma anche relazionale e psico-fisico. Sono sicuramente secondarie le conseguenze legate ad un fisico che dopo mesi di allenamento si trova ad interrompere ogni attività (è successo a tutti in realtà per cui non vale la pena lamentarsene ma vi assicuro che se aveste patologie degenerative come il Parkinson o l’Alzheimer sentireste come la malattia ha preso il sopravvento e questo è tutt’altro che secondario) ma ben più importanti sono state le conseguenze a livello psicologico e relazionale. Anziani, in particolar modo, che si sono ritrovati immersi nella solitudine e nell’impossibilità di essere utili ed aiutare il prossimo perché soggetti fragili e a rischio. Noi li abbiamo chiamati i nostri “vecchietti” e vi assicuriamo che sentire le loro deboli voci al telefono non è stato semplice.
Ma quindi, come stanno affrontando la pandemia le associazioni di promozione sociale come la nostra?
Se pensate che tutto si fermi perché c’è la pandemia vi sbagliate di grosso, anzi, il lavoro aumenta a casa e si devono trovare nuovi modi per restare in contatto con i soci. Ecco quindi come abbiamo investito il nostro tempo e come crediamo abbiano fatto molti altri oltre a noi:
- abbiamo dedicato maggior tempo ai mezzi di comunicazione per migliorare la nostra presenza e visibilità sui social network come Facebook o Youtube. Abbiamo cercato di migliorare i nostri servizi per i soci ponendo maggiore attenzione alla newsletter e ai video promozionali e per fare questo ci siamo formati partecipando a corsi on-line (più di uno ve lo assicuro);
- siamo restati con le orecchie tese nel tentativo di captare dei bandi che potessero aiutarci a sostenere le spese fisse dell’associazione perché quando si ha una sede c’è l’affitto da pagare ma anche le bollette;
- abbiamo, come già detto, chiamato tutti i nostri soci più anziani per far sentire loro la nostra vicinanza ma anche per sapere se potevamo essere loro d’aiuto per portargli la spesa o andare in farmacia;
- abbiamo organizzato video chiamate con i volontari che non possono svolgere la propria attività ma con cui si può programmare il futuro;
- si è cercato di coltivare valide collaborazioni per quando la pandemia ci abbandonerà e noi dovremo ripartire e in alcuni casi siamo davvero tanto soddisfatti;
- abbiamo, ovviamente, pulito tutta l’associazione e successivamente ci dovremo preoccupare di sanificare tutto prima della riapertura, acquistare i DPI e creare distanza (che a noi non è mai piaciuta);
- e per finire… ci siamo dedicati alle “scartoffie”, la burocrazia di cui l’Italia sembra non poter fare a meno in quantità così importante.
Come potete notare, anche le associazioni di promozione sociale stanno patendo e si stanno reinventando per gestire al meglio questa pandemia. Nessuno ha il libretto delle istruzioni e al termine anche noi faremo i conti di quanto abbiamo economicamente perso ma soprattutto patiamo nel sapere le conseguenze che la pandemia lascerà a livello psicologico, la paura che ci trascineremo per inerzia e la diffidenza che creerà ulteriore distanziamento sociale.
Eppure anche noi riapriremo… senza che nessuno si sia soffermato a pensarci e a pensare all’importanza delle attività e dei servizi che svolgiamo sul territorio e per la cittadinanza!